Quando parli con loro, ti accorgi che ripetono più volte le stesse parole. Eppure Pietro, Alì e Totò non hanno un granché in comune per carattere e formazione, se non il tesserino di guida ambientale nella tasca. Il primo, brigante buono della Tuscia e della Maremma, ha un faccione carnoso e sorridente, ritratto preciso di quel che sarebbe potuto essere un senatore della repubblica di Roma. Ma forse non avrebbe mai indossato una fresca toga nivea, preferendo anche allora la natura intima e selvaggia ai freddi e distaccati marmi delle curie. Il secondo, Alì, è un uomo più spirituale. Sa bene che la luce del deserto allevia i timori e le perplessità degli uomini e molto spesso è come un balsamo e una benedizione. Totò, infine, è l’incarnazione della sua Puglia. Anzi, del suo Salento, terra arsa e sassosa con un’anima di acqua dolce sotterranea. C’è chi dice che gli assomigli, e con ragione.
A ben vedere, un punto in comune ce l’hanno. Tutti e tre invitano a camminare proprio a Capodanno. Quando si parte all’alba di ogni nuovo anno, il primo passo è sempre un gesto fondativo. Pochi sanno perché ci si mette in viaggio proprio a Capodanno. Per cercare una vacanza intelligente? Per quella forza vitale che ci spinge ad andare avanti? O semplicemente per cambiare aria? Dopo aver camminato tra rudi paesini o sulle dune del deserto o su strade bianche, la risposta, assicurano i tre, arriva sempre.
Pietro è la guida del viaggio intorno al Lago di Bolsena, tra Umbria e Lazio. «È un percorso in senso antiorario del bacino vulcanico più grande d’Europa – ci tiene e precisare –. Percorriamo sentieri poco battuti e calpestiamo poco, pochissimo asfalto». Il viaggio è consigliato «a chi vuole iniziare a camminare» perché «la proposta è semplice e adatta a tutti». Padre di due figlie, Pietro Labate è in grado di adorare contemporaneamente la compagnia e la solitudine. Il suo percorso è iniziato oltre trent’anni fa come guida volontaria del Wwf di Viterbo. Da lì, il cammino lo ha condotto a diventare guardia oasi e dal 1999 guida ambientale escursionistica perché «è la cosa che mi riesce meglio».
Alì Daimin è nato nel deserto del Marocco e ha trascorso da nomade i suoi primi sei anni di vita. Da quelle parti le persone sanno cos’è la calma: nessuno pensa che ci sia bisogno di parlare a voce più alta e più in fretta del dovuto. Dopo aver conseguito la laurea in storia e geografia, Alì è andato alla ricerca della pace, della tranquillità e della semplicità di vita, che ha trovato nell’oceano di sabbia del Sahara. Il passo verso la condivisione dell’esperienza di questo luogo magico è stato spontaneo. E allora indossa gli abiti tradizionali, s’infila i sandali di cuoio, sella i cammelli e parte con i camminatori per far conoscere lo stile di vita dei padri e dei nonni.
Il suo non è un mestiere per tutti. Come si fa a orientarsi nel deserto? Dopo un paio di chilometri non ci sono più né strade né piste. Ma una buona guida ci riesce. E poi i berberi hanno capacità logistiche straordinarie. Ogni giorno bisogna caricare sui cammelli ogni cosa, comprese le tende fatte di enormi teloni di stoffa in cui si alloggia nella notte. Per i nomadi impacchettare è evidentemente un’arte. Infine, come ci spiega, c’è sempre un grande stupore tra i camminatori nello scoprire quante cose si possono preparare in una piccola cucina mobile da deserto, solo con un tajin di latta e un fornello a gas.
Una curiosità: nel deserto farsi la doccia è un lusso superfluo. Certo, prima o poi ci si vuole anche sbarazzare della sabbia che entra in tutte le fessure del corpo, ma l’aria è così secca che anche la più piccola goccia di sudore si asciuga immediatamente, e non si puzza.
Sempre nel profondo Sud, ma questa volta italiano, incontriamo Totò Inguscio, guida ambientale, speleologo e naturalista. In genere è un tipo di poche parole ma camminando si trasforma in loquace oratore. Ama profondamente la sua terra e anche se la percorre tutti i giorni in lungo e in largo, riesce ancora a strabuzzare gli occhi. Ed è allora che si apre per raccontarne la bellezza. Il suo cammino di Capodanno conduce alla partecipazione a uno spettacolo astrale e simbolico: la prima alba dell’anno.
Se ci si sveglia presto, la ricompensa è un orizzonte speciale con il sole che spunta dall’altra parte del Canale, sopra le terre a Oriente. Siamo a Punta Palascia, nel Salento, vicini ai Balcani, e due sponde diverse dello stesso mare si destano in contemporanea: «Camminare di notte è emozionante ed è un’esperienza che auguro e consiglio a tutti. È un modo divertente e salutare per accogliere il nuovo anno nell’armonia della notte, senza il frastuono che tanto spaventa gli animali, domestici e selvatici. Ed è anche un invito a uscire dai soliti schemi». Insomma, «niente baraonde, schiamazzi e feste piene solo di rumore, ma una serata silenziosa, da passare immersi nella natura, lontani dal caos e dalle luci cittadine. La zona scelta per il viaggio di Capodanno è tra le meno antropizzate del Salento, ci si muove tra vecchie carraie, strade romane, antichi tratturi, scogliere a picco sul mare per arrivare a Punta Palascia».
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RIFERIMENTI:
Viaggi a piedi a Capodanno 2016 – Marocco, Salento, Bolsena