Lapponia: a piedi con Flaviano Bianchini

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Lapponia: a piedi con Flaviano Bianchini

Lo abbiamo lasciato migrante tra i migranti per raccontare dall’interno il viaggio che dal Guatemala attraverso il Messico porta al sogno americano. Ne era nato “Migrantes. Clandestino verso il sogno americano”, BFS edizioni, con tanto di acclamata presentazione all’ultima edizione del Salone del Libro di Torino. Adesso Flaviano Bianchini, 33 anni, ambientalista e attivista per i diritti umani, lancia una nuova sfida: un viaggio a piedi in piccolo gruppo in Lapponia, dal 27 agosto al 4 settembre 2016, con Le Vie dei Canti.

Come nasce l’idea di un viaggio a piedi in Scandinavia? Come hai conosciuto la Lapponia?
«Come molti altri posti ho conosciuta la Lapponia più o meno per caso. Avevo letto alcuni libri: le storie dei Sami, i grandi spazi e la solitudine di quei luoghi, la natura incontaminata. Poi un giorno mi sono ritrovato con un mese libero e, vagando in internet, ho trovato un biglietto a poco. Due settimane dopo ero in Lapponia».

Per chi è pensato questo viaggio?
«Per chiunque ami un viaggio senza comodità, grandi spazi, solitudine. Per una settimana si è totalmente isolati dal mondo. Il telefono non prende e non si attraversa nessun villaggio. Solo qualche rifugio molto spartano. Niente più. Bisogna stare bene con se stessi e amare il silenzio».

Un viaggio a piedi di gruppo è anche una conseguenza dei lunghi percorsi solitari da clandestino in Tibet?
«Secondo me un viaggio solitario è molto diverso da un viaggio in gruppo. Quando sei solo sei in qualche modo costretto ad interagire col mondo che ti circonda. Se sei in un gruppo ti ritrovi per forza di cose a relazionarti di più con gli altri membri del gruppo. Un viaggio in gruppo è anche amicizia, compagnia e divertimento. Un viaggio da solo è conoscenza. Del luogo che si visita e di se stessi. Poi quello in Tibet (da cui ne è stato tratto il libro “In Tibet, un viaggio clandestino”, IBIS Edizioni, Premio Chatwin per il miglior libro di viaggio del 2010, ndr) è stato un viaggio del tutto particolare. Giorni e giorni da solo e poi gli incontri con la storia di un Popolo oppresso e la sua cultura millenaria; le avventure per sfuggire agli incontri non graditi; i compagni di viaggio saltuari come monaci, contrabbandieri e pellegrini. Un viaggio a suo modo unico che non sarebbe stato uguale se io fossi stato in compagnia».

Che rapporto c’è fra il viaggio e la scrittura?
«La scrittura è forse l’unico modo per raccontare veramente un viaggio. Perché fare un viaggio è relativamente facile, ma poi raccontarlo e trasmetterne le emozioni che suscita è una delle cose più difficili al mondo. Anche i migliori fotografi e cameraman del mondo fanno fatica a trasmettere il vero viaggio. Allora la scrittura in questo può aiutare perché lascia più margine di immaginazione ed immedesimazione al lettore rispetto ad altre forme di “racconto del viaggio” come la fotografia o il film o anche solo il racconto».

C’è una componente di spiritualità nel cammino?
«Tutte le grandi religioni contemplano dei pellegrinaggi, da fare rigorosamente a piedi. Secondo alcuni studiosi le religioni hanno “inventato” questi pellegrinaggi proprio per obbligare la gente a meditare per lunghi periodi. Il cammino è visto come mezzo di unione tra l’uomo e la spiritualità. Poi, secondo me, nel cammino uno trova quello che ha dentro. Se uno la spiritualità ce l’ha, sicuramente la trova con il cammino. Se non ce l’ha, non è certo il cammino che se la può “inventare”».

Dove vivi nel corso dell’anno? E di cosa ti occupi?
«La maggior parte dell’anno vivo a Calci, un piccolo paese vicino Pisa, ma non ci sto molto dato che tra lavoro e passione sono sempre in viaggio. Sono il direttore di Source International, una organizzazione internazionale che si occupa di ambiente e diritti umani. In particolare ci occupiamo di dare un supporto scientifico e legale di alto livello alle comunità (per lo più indigene) che affrontano problemi di contaminazione ambientale e violazioni dei diritti umani legati alle industrie estrattive (grandi miniere, pozzi petroliferi). Lavoriamo un po’ in tutto il mondo ma in questo periodo il nostro focus principale è in Amazzonia dove diverse compagnie petrolifere stanno distruggendo la foresta e avvelenando le popolazioni indigene per estrarre petrolio a basso costo. Noi supportiamo le popolazioni locali con studi scientifici e aiuto legale in modo che possano ottenere un cambio di comportamento da parte delle multinazionali petrolifere».

Hai mai ricevuto minacce di morte?
«Diciamo che in generale il nostro lavoro non ci rende particolarmente simpatici a governi e multinazionali. Nel tempo hanno cercato di impedirci di lavorare con tutti i mezzi possibili: minacce di morte personali, denunce, violazioni della casella di posta elettronica, ci hanno bloccato i finanziamenti, mi hanno espulso dal Guatemala, ce ne hanno fatte di tutti i colori».

E come avete reagito?
«La nostra reazione è sempre stata quella di andare avanti per la nostra strada. Certo non è facile, però abbiamo anche ottenuto dei grandi successi come la dichiarazione di incostituzionalità della legge mineraria dell’Honduras per violazione al diritto alla salute, o il riconoscimento da parte della Commissione Inter-Americana dei Diritti Umani delle violazioni commesse da una compagnia mineraria in Guatemala o ancora il cambio dei metodi estrattivi di una compagnia petrolifera nel cuore dell’Amazzonia».

Hai viaggiato da Nord a Sud e da Est a Ovest del mondo: qual è il posto in cui hai trovato maggiore felicità?
«Nel mezzo. Quando non ero né a Nord né a Sud né a Est o a Ovest. Ma quando andavo verso quei luoghi. La felicità sta nel viaggio in sé e non nella meta».

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RIFERIMENTI:

Lapponia, il Sentiero del Re – 27 agosto – 4 settembre 2016

Tra Terra e Cielo
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Abbiamo la convinzione che il cambiamento del pianeta nasca all’interno di ognuno di noi, dall’attenzione che poniamo al cibo che scegliamo, dalla qualità delle relazioni che intratteniamo con il mondo esterno e con noi stessi/e, dal tipo di benessere che ci doniamo.

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