Questo è un articolo contro i viaggi e a favore della casa. Naturalmente tutti, più di una volta, abbiamo sognato di stare in un posto diverso da quello in cui siamo adesso. Anche solo per una settimana, tanto per vedere l’effetto che fa. Ma se lo facessimo ci renderemmo conto di una cosa strana e preoccupante. Ci portiamo dietro una persona indesiderata: noi. O meglio, quella parte di noi ansiosa, inquieta e preoccupata di noi stessi. Il desiderio che spinge a viaggiare, a piedi soprattutto, non è quello di andare in un posto qualunque, tanto per farlo. È piuttosto quello di lasciarci alle spalle una parte di noi. Ma questo passaggio è meno facile di quanto pensiamo perché anche se siamo fuori casa, rimaniamo quasi sempre agganciati all’elastico senza arrenderci alla potenza del viaggio.
Sogniamo condizioni di calma, novità e felicità, ma non possiamo raggiungerle con un volo di qualche migliaia di chilometri o con un viaggio a piedi da una città all’altra scavallando monti e colline. L’unica maniera, ci spiega lo scrittore Alain de Botton, è viaggiare con consapevolezza ovvero con una buona dose di introspezione. Insomma, si viaggia prima con la testa e con il cuore e poi con le gambe. Altrimenti è meglio restare a casa: potrebbe non essere così male e costerebbe meno.
E allora potrebbe essere stata proprio questa la molla che ha spinto Michele Serra, giornalista e scrittore, dal sollevarsi dalla sua Amaca (o forse a mettersi finalmente comodo) e a scrivere parole bellissime sul viaggiare a piedi, dopo averne sbeffeggiata l’essenza fino a pochi anni fa. Con ogni probabilità, la consapevolezza sarà stata raggiunta grazie a una prova diretta. Con un viaggio a piedi di più giorni in cui avrà anche scoperto il nesso tra due ritmi, quello delle gambe e quello della scrittura, delle suggestioni del lento procedere e del piacevole osservare. Ecco, provare, provare, provare. Chi cammina lo sa bene, chi non lo ha ancora fatto dovrebbe cominciare. La potenza del camminare si manifesta subito e la carica si conserva per molto tempo arrivati a casa. Un esempio diretto?
Lo scorso fine settimana abbiamo partecipato a un viaggio a piedi. Uno di quelli facili, per trascorrere un fine settimana diverso con 12 sconosciuti. Partenza ore 15 dal Duomo di Lucca, arrivo alle 18 del giorno successivo al Duomo di Pisa, passando per il Monte Pisano, da salire e scendere, naturalmente, lasciando che il caso e la violenza degli incontri stabilissero la tabella di marcia. Cosa ci è rimasto sulla pelle e nell’anima una volta rientrati tra le mura domestiche? Padronanza del corpo, leggerezza di testa, nuovi amici (proprio amici no, ma persone di cui approfondire volentieri la conoscenza sì), immagini di sconosciuti che, incrociati lungo la strada, ci salutano per primi, desiderio di rimetterci in viaggio (a piedi), per più giorni ancora.
E poi risate. Sì proprio così, risate. Da quelle un po’ perfide nei confronti di chi, poveri piedi suoi, ha indossato le ciabattine da mare per percorrere gli ultimi 8 chilometri, a quelle genuine a tavola favorite dalla stanchezza che abbatte le barriere e dal vino rosso che a sua volta conduce i rapporti verso lidi indefiniti e inimmaginabili. Camminare è anche gioia.
Si cammina al di sopra della fatica, delle gambe pesanti, del pensiero di non riuscire a muovere un dito al mattino successivo. E si impara che se si prova stanchezza e fatica, se ci si siede per lo sforzo, se compatiamo i nostri piedi, se rincorriamo solo la meta e non comprendiamo il pieno e unico piacere di muoverci, non afferriamo la profonda essenza della vita, dove il significato è nel suo divenire e non nell’apparire. Esattamente come il cammino.
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RIFERIMENTI:
Viaggi a piedi Vie dei dei Canti al mare, in montagna, girolago…