Quei piccoli uncini che spuntano proprio sul suo frutto l’hanno costretta a vedersi affibbiata il nome di artiglio del diavolo. Originaria del Sud Africa e diffusa nel Madagascar, nelle steppe della Namibia e nel deserto del Kalahari, questa pianta è utilizzata dalle tribù locali sin dai secoli scorsi per la cura di artrite reumatoide, febbre e disturbi all’intestino, al pancreas e allo stomaco. Viene ritenuta utile perfino nel corso del parto: l’applicazione sull’addome avrebbe effetti benefici. Il segreto sarebbe riposto negli arpagosidi (harpagophytum procumbens), componenti attivi presenti nella radice secondaria. Con la colonizzazione di inizio secolo scorso da parte dei tedeschi, l’artiglio del diavolo è sbarcato anche in Europa.
Il suo utilizzo si è quindi perfezionato ed esteso. Gli studi condotti nel Vecchio Continente hanno permesso di isolare tre glicosidi (harpagosid, harpagid e procumbid) con proprietà analgesiche, antinfiammatorie e antireumatiche sull’apparato osteoarticolare. Attualmente l’artiglio del diavolo viene indicato nei casi di artrite, cattiva digestione, contusioni, dolori cervicali, febbre, mal di schiena, mal di testa, tendiniti. Proprio per questo ampio ventaglio di utilizzo, secondo una rivista di etnofarmacologia, la vendita in Germania permette di incassare ogni anno cifre record di molte decine di milioni di euro.
L’artiglio del diavolo è disponibile nella triplice distinzione di capsule, tintura e bustine da tè. Da evitare nei casi di ulcera, va assunto a stomaco pieno. E nonostante l’applicazione più libera che se ne fa in Africa, c’è anche che sconsiglia l’uso in gravidanza per via dell’azione ossitocica ovvero della comparsa di contrazioni uterine. Di più, il possibile aumento della gastrolesività ne fa una pianta da non assumere in contemporanea ad antinfiammatori non steroidei. Allo stesso tempo è opportuno l’uso nei periodi di sospensione di anticoagulanti. Dosaggi fuori norma possono causare aritmia, diarrea, glucosio nel sangue, nausea, reazioni allergiche, sensazione di pienezza. La tossicità di questa pianta erbacea, infine, è considerata molto bassa.
Altre erbe anti-infiammatorie sono la curcuma, la Boswellia, il pepe di Cayenna, l’aglio e lo zenzero.