Che strano paese l’Italia. Le emergenze sono tante e continue: clima, ambiente, energia, risorse naturali, cibo, rifiuti, economia. Eppure la minaccia della catastrofe non fa paura a nessuno. Perché? Quanto sono importanti le piccole scelte di tutti i giorni? Cosa fare? In attesa di miracoli, meglio tenere il cervello sempre acceso e le luci solo quando servono. Ce lo spiega il climatologo Luca Mercalli. Torinese, presiede la Società meteorologica italiana e dirige la rivista Nimbus. Ospite fisso della trasmissione Che tempo che fa su Rai 3, cura per La Stampa la rubrica di meteorologia e clima.
E’ veramente possibile vivere, così come racconta nel libro Prepariamoci, in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza, ma con più felicità?
«Non solo è possibile, ma è inevitabile poiché le risorse della natura non sono infinite. Ho raccontato un’esperienza personale che ha funzionato e dunque si può fare. La decrescita è scritta nella leggi della terra».
Come affiancare alla parola decrescita l’aggettivo felice?
«In questo caso occorre impegno. Affinché sia felice deve essere gestita, altrimenti anche in Italia si replicherà la crisi della Grecia. In buona sostanza occorre progettazione e decidere su cosa investire e a cosa rinunciare. Lì hanno tagliato il riscaldamento nelle case, qui stanno chiudendo gli ospedali…».
Lasciare scorrere l’acqua mentre si lavano i denti o dimenticare una luce accesa di giorno sono distrazioni che hanno un prezzo collettivo? In che modo i nostri comportamenti individuali influenzano le grandi decisioni della politica nazionale e internazionale?
«Fare finta che le nostre piccole azioni quotidiane non abbiano alcuna conseguenza per la salute dell’intero pianeta è solo un comodo alibi per non mettersi in gioco. Tutto nasce dai consumi. Clima, energia, rifiuti e inquinamento: il miglioramento passa da noi. Disponiamo di spazi di manovra estremamente concreti. Ciascuno di noi può contribuire a rendere questa Terra più vivibile. Certo, capisco il senso di frustrazione quando il nostro comportamento individuale non è supportato dalla leggi, ma cominciamo noi a fare le scelte giuste».
Possiamo affermare che, nonostante il progresso tecnologico, questa società sia diventa più vulnerabile dagli eventi meteorologici poiché più dipendente dalle tecnologie?
«Sì, senza dubbio, E’ così perché abbiamo territori che sono già fragili per costituzione e che ora sono diventati più vulnerabili a causa della loro occupazione. Abbiamo territori troppo pieni: strade, autostrade, distributori di benzina, gasdotti, oleodotti, antenne. Una maglia così fitta è decisamente più vulnerabile. Paradossalmente un’alluvione di cento anni fa provocava meno danni umani e infrastrutturali».
La risposta a questa fragilità potrebbe essere lo stop a nuove costruzioni?
«Sì, e aggiungo la necessità di fare manutenzione per accendere un’economia virtuosa. Proseguire con nuove realizzazioni è un atteggiamento infantile».
E qui entra in gioco la resilienza di cui scrive nel libro: che cos’è?
«E’ la proprietà di assorbire un trauma senza collassare e di sapersi adattare alle nuove condizioni di vita imposte da cambiamenti drammatici».
Perché c’è attenzione verso le previsioni del tempo?
«Credo che sia solo un fatto di costume privo di profondità. La presenza di Internet e la possibilità di consultare il meteo sui telefonini facilità la diffusione rispetto al passato. In buona sostanza le previsioni del tempo interessano solo per pianificare le giornate e non sono collegate a un reale interesse delle persone di incidere sul clima».
Serve realmente la raccolta differenziata?
«Di certo ha un significato. Non c’è ragione di pensare che laddove non funzioni non possa portare risultati utili. Credo però che sia più importante intervenire a monte e che non sia sufficiente lo sforzo per differenziare la spazzatura».
In che senso?
«Bisogna ridurre la quantità di rifiuti prodotti che, in Italia, è di circa 500 chili a persona».
Che suggerimenti dare?
«Non compare acqua in bottiglia e bere solo quella del rubinetto. O fare il compost con i rifiuti della cucina che, tra l’altro, è un ottimo concime. Alcune volte mi capita di vedere sacchetti di plastica nei giardini per la raccolta dei rifiuti: che bestialità!».
E chi vive in condominio?
«Questa è solo un’altra scusa».
Come applicare questa filosofia di vita nelle scelte alimentari?
«Semplice: consumare pochi cibi trasformati, trascorrere mezz’ora di tempo in più in cucina, scegliere prodotti di provenienza locale e abolire gli esotismi. Meglio legarsi alla cultura locale e rifiutare i preparati che sono più costosi, ci indeboliscono e ci impoveriscono».
La dieta vegetariana aiuta?
«Sicuramente sì. Io non sono vegetariano radicale, ma mi rendo conto che ci vuole una misura in tutto».
A proposito della costruzione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, cosa chiedere al nuovo governo?
«Un atto di umiltà e di razionalità. Inviterei il governo a prendere in esame i soli dati scientifici. Se già non aveva senso venti anni fa, figuriamoci nell’attuale momento di contrazione. La Tav rischia di sottrarre risorse alle opere più importanti ovvero a investimenti nella riqualificazione energetica e nell’assetto idrogeologico».
Perché la decisione di vivere in Val Susa?
«Beh, ho sempre vissuto a Torino, ma per il lavoro che svolgo ho bisogno di frequentare la montagna e di stare a contatto con ambienti naturali. E qui, in Val Susa, ci sono tutte le condizioni ideali. A dirla tutta poteva andare bene anche una valla attigua».
Che tipo di vacanze trascorre Luca Mercalli?
«Sostenibili e responsabili. Viaggio soprattutto in treno e meno in aereo, di cui ho abolito quelli intercontinentali. Ho ridotto l’utilizzo della macchina e preferisco spostarmi all’interno dei confini italiani. Non mi interessano le mete esotiche e preferisco vacanze frequenti ma brevi, in particolare in montagna. Il mio raggio di spostamento non supera i 100 chilometri».