Da Pamplona a Zariquiegui.
Ore 7.40 del 12 aprile 2011. Sto pensando che ho viaggiato per infiniti anni, su e giù per il pianeta, avanti e indietro tra un continente e l’altro, dedicandomi di fatto allo spostamento costante soprattutto a piedi, ma mai ho veramente eremitato senza trucchi, si insomma, non sono mai partito da solo, sempre in compagnia di amici scelti e sicuri. Quantunque, durante il vagabondaggio, mi piace isolarmi dal gruppo, nel silenzio farmi penetrare dagli odori, percepire l’aria che mi circonda, sentire la voce della gente e i suoni della natura.
Mi sto infilando in un DC9 che mi porta via immediatamente dal mio mondo quotidiano, ma non sto fuggendo, sono consapevole che mi aspetta una breve parentesi multiforme necessaria alla traiettoria monolitica della vita quotidiana.
Ecco la città di Madrid che dall’alto è enorme come tutte le capitali del mondo, distese infinite di case e strade con qualche macchia di verde. Al suo confronto Pamplona mi appare un sobborgo ordinato e lineare.
Ore 11.30 esco dall’aeroporto di Pamplona e incontro i primi due pellegrini che proseguono per Sant-Jean-Pied-de Port. Sono due donne americane che parlano solo la loro lingua, come me che parlo solo la mia. Ci capiamo a gesti e smorfie, sgranamento di occhi, ma ci intendiamo. Si insomma, quel tanto che basta per salutarci, visto che andiamo in direzione opposte.
Io ho voglia di camminare subito, loro devono prendere ancora diversi mezzi per andare all’inizio del sentiero.
Dall’alto ho visto che la città Pamplona non è molto lontana dall’aeroporto e ho una mezza intuizione che il sentiero sia da queste parti. Raggiungo le case più vicine e chiedo a un anziano signore dove posso incontrare il camino de Santiago. Mi spiega, in spagnolo naturalmente, che non è facile attraversare la campagna per raggiungere il tracciato dei pellegrini. Puntualmente e come al solito mi perdo tra prati e in zone senza vie di uscita. Capisco che devo attraversare i binari della ferrovia, ma sono blindati da una rete di metallo. Trovo un varco e finalmente sono sulla strada comunale che mi porta verso Cizur Menor a quattro chilometri e mezzo dopo la città di Pamplona che ho aggirato. Del resto non avevo voglia di visitare Pamplona, mi tengo la curiosità per un’altra volta quando tornerò per fare i Pirenei.
Nel frattempo, incontro un ragazzo spagnolo molto simpatico che ha già fatto il cammino l’anno scorso. Ha una gran voglia di parlare, io no, ho voglia di muovermi. Sto un po’ con lui mentre si fuma una sigaretta e mi racconta della sua esperienza. Poi ci salutiamo guardandoci intensamente negli occhi quasi come se volessimo penetrarci con lo sguardo. Mentre mi allontano nella direzione che lui mi ha indicato, ho la preoccupazione di trovare la carta per la Compostela, quel libretto dove apporre i timbri giornalieri e che alla fine ti da il diritto dal diplomino di pellegrino. Per fortuna, vicino alla chiesa di San Miguel trovo un albergue aperto con un sacco di pellegrini giovani e anziani che si rilassano. Una gentile signora mi allunga la famosa carta, in cambio vuole un euro. Felice del primo segno, il timbro dell’albergo e del fatto di sentirmi ufficialmente pellegrino tra pellegrini, saluto tutti con un sorriso e mi allontano nel ticchettio che sprigionano i bastoncini di metallo a contatto con l’asfalto del marciapiede sotto il sole delle 14.30. I bastoni sono molto utili in questo primo tratto di sali e scendi in quanto sollevano le gambe e la colonna vertebrale di almeno il 15 o 20% del peso corporeo complessivo.
Tra otto chilometri, 2 ore circa, potrei arrivare nella località di Alto del Perdono a 780 m s.l.m. Forse sto camminando troppo in fretta e per di più in salita, non ho ancora preso il giusto ritmo che solitamente mi appartiene. Lo capirò solo tra qualche giorno quando ormai una dolorosa tendinite mi attaccherà i polpacci. Per ora sono felice. Mi sento estremamente libero, infatti mi fermo a Zariquiegui, un villaggetto in campagna a godermi il meritato riposo e una gustosa cena.
Walter Orioli