David Le Breton: il cammino? Roba per sfaccendati

Il guardiano del faro – Il viaggio immobile di Paolo Rumiz
30/08/2014
Settembre sull’isola
01/09/2014

David Le Breton: il cammino? Roba per sfaccendati

Tutte le volte che pronuncia la parola marche, l’equivalente di cammino, il nostro idioma ci rimanda a un mondo tutt’altro che lento e pacifico. Ma David Le Breton, scarpe da trekking ai piedi, maglietta nera poco trendy, un filo di barba incolta e cappellino calato sulla testa, sa bene quel che dice: dal cammino come forma di resistenza all’elogio della lentezza, dagli aspetti sovversivi dell’andare a piedi al marciare come celebrazione dei cinque sensi. Declina ogni pensiero con chiarezza cristallina calibrando le parole con attenzione. Non è un caso che, successi editoriali a parte, sia uno degli ospiti più richiesti dai tanti festival di fine estate. A partire da quello della mente a Sarzana.

Già, perché in una società come quella di oggi in cui i valori centrali sono velocità, efficienza, rendimento e utilità, il cammino «è per me l’elogio dell’inutile, da fare solo per il piacere di farlo». Spiega l’autore del libro “Il mondo a piedi. Elogio della marcia”: «Un grande alpinista britannico che ha scalato l’Everest si è sentito un giorno chiedere: lei perché scala le montagne? La sua risposta è stata: perché le montagne ci sono. E lo stesso vale per noi: camminiamo perché i sentieri ci sono, sono là».

Cammino e lentezza formano una coppia che funziona: «Il camminatore va a cinque km all’ora ed è colui che prende il tempo e non si lascia prendere dal tempo». Non è una sottigliezza terminologica, ma una differenza di approccio: «Chi cammina sceglie il tempo della sosta e dello spuntino e non si adegua alle scadenze imposte». Le Breton snocciola uno dopo l’altro i grani del rosario del cammino: «La marcia è l’elogio della conversazione e non della comunicazione perché mai come in quella circostanza siamo capaci di parlarci, di ascoltarci e di stare in silenzio senza imbarazzo come accade in altri contesti sociali».

Ci sono aspetti sovversivi nel camminare? Sì, «perché il camminatore è uno sfaccendato per definizione che si prende i suoi tempi in una società che non ammette i bighelloni. Il perder tempo è oggi considerato scandaloso. In questa società siamo vittime del tempo, del tempo che manca».

Il cammino è anche riscoperta del corpo: «La nostra società lo utilizza ma lo considera un ingombro e una fatica. Trascorriamo la maggior parte del tempo stando seduti senza alcun esercizio fisico davanti a un computer o alla guida di una macchina. In queste condizioni il corpo ci pesa e non avvertiamo la felicità che la fatica del cammino porta con sé. La marcia è allora un elogio dell’anacronismo».

(1/continua)

David Le Breton è professore di sociologia all’Università Marc Bloch di Strasburgo, membro dell’Institut Universitaire de France e autore di numerosi saggi sull’antropologia del corpo. è autore fra l’altro di La pelle e la traccia. Le ferite del sé (Meltemi, 2005), Il sapore del mondo. E’ anche autore di Un’antropologia dei sensi (Raffaello Cortina, 2007), Antropologia del dolore (Meltemi, 2007) e Antropologia del corpo e modernità (Giuffrè, 2007), Il mondo a piedi. Elogio della marcia (Feltrinelli, 2001).

Tra Terra e Cielo
Tra Terra e Cielo
Abbiamo la convinzione che il cambiamento del pianeta nasca all’interno di ognuno di noi, dall’attenzione che poniamo al cibo che scegliamo, dalla qualità delle relazioni che intratteniamo con il mondo esterno e con noi stessi/e, dal tipo di benessere che ci doniamo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito è protetto da reCAPTCHA e da Googlepolitica sulla riservatezza ETermini di servizio fare domanda a.

Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.