Laura è sempre stata una bambina timida, un po’ taciturna. Ma quando – era l’inizio dell’estate – cominciò a stare sempre più a lungo a casa, ad unirsi sempre più raramente al gruppo degli amichetti del quartiere, i suoi familiari un po’ si preoccuparono. Si trattava dei normali dubbi di chi ha a che fare con una bambina di sei anni. Sì, Laura ha la pelle molto scura e vive in una zona residenziale di Modena dove tutti gli altri bambini hanno la pelle bianca. E i suoi “secondi genitori”, una coppia d’italiani che l’hanno in affidamento da neonata, sono persone consapevoli e responsabili, attente. Insomma, sanno bene come va il mondo. O, forse, credevano di saperlo.
Pensarono che quella fosse una normale fase della crescita di una bambina di sei anni. Non l’effetto del primo incontro di Laura col mondo. Quando la madre affidataria di Laura racconta questa storia, è difficile distinguere, nel tono della sua voce, la sorpresa dalla rabbia e lo stupore dall’indignazione. Non ci sono invece dubbi quando la voce si spezza nel pianto.
“Era un giorno della fine di luglio, una bellissima giornata. Laura giocava nella sua stanza e fuori di casa sentivo le voci degli altri ragazzini. Viviamo in una strada di villette a schiera, in una zona di quelle che vengono definite signorili. I nostri vicini sono impiegati, artigiani, insegnanti, funzionari, professionisti. E i nostri figli sono cresciuti assieme, si può dire che si conoscono fin dalla culla. Ho riconosciuto subito la voce di Anna, una bambina di sette anni, la prima delle amiche di Laura. Ho guardato oltre la tenda che ripara la nostra veranda e l’ho vista. Allora ho chiamato Laura e le ho detto di uscire finalmente, di andare a giocare. Ha ubbidito. E’ uscita, ho sentito i suoi passi, nuovamente la voce di Anna. Ero sempre in veranda, dietro la tenda, sentivo benissimo le voci dei bambini e loro non mi vedevano”.
E’ qui che la voce della madre di Laura si spezza “Sporca negra”. Era Anna. “Sporca negra, perché sei venuta? Ti avevamo detto di non venire. Oppure di venire ma di portare qualcosa da casa, qualcosa per noi”.
Un incubo? No, purtroppo. Ogni dubbio, se ce n’era qualcuno, scompare pochi secondi dopo. I piccoli passi di Laura lungo il corridoio, il rumore della porta della stanza che s’apre e si richiude. Laura è silenziosa, un po’ triste. Dice di voler uscire nuovamente da casa, per un momento, “Devo chiedere scusa ad Anna”.
Naturalmente la risposta è: “Tu non devi chiedere scusa proprio a nessuno”. Poi le parole che fanno fatica a venire fuori. Perché è difficilissimo trovare quelle giuste. Nel mondo di Laura mancano ancora troppe di quelle cose che un adulto dà per scontate. A partire dalla capacità di riconoscere un torto subito. In fondo è esattamente quello che capita ai bambini abusati dai pedofili. Ma intanto bisogna fare in modo che l’incubo finisca.
La madre di Anna è molto dispiaciuta. Assicura che parlerà con la sua bambina e le spiegherà che si è comportata molto male, che non deve farlo più. E’ una persona civile, garbata. Anche per questo, la frase successiva è uno di quelle che gelano il sangue: “I bambini esagerano. Ma è vero che di stranieri ne vedono tanti, troppi, e non tutti si comportano bene. E così hanno fatto finire anche Laura nel mucchio. E’ molto brutto, certo, ma è questa la spiegazione: Anna non ce l’ha con Laura, l’ha solo associata a persone che vede in modo negativo. I bambini non sanno distinguere”.
Esistono esperienze capaci di sconvolgere in un istante le gerarchie dei valori e anche dei bisogni. Proprio come una gran sete che fa riscoprire il sapore dell’acqua. Così il fatto che comunque sia una storia di bambini – di bambini che, come dice la mamma di Anna, non sanno distinguere – diventa quasi una consolazione. Poi è agosto, cominciano le ferie. Due settimane al mare, in campeggio della riviera romagnola, lontano dalla città.
Due settimane per un bambino di sei anni possono essere una piccola nuova vita. E Anna, prima della partenza, ha chiesto scusa. Poi, al mare, c’è subito una nuova amica. Una ragazzina sveglia e anche protettiva. Ma la madre di Laura non riesce a ringraziarla adeguatamente quando, timida, come se si vergognasse per gli altri, le racconta che là, nella piazzetta del bar, ci sono dei bambini che ordinano a Laura di consegnare i gettoni dei videogame e di stare zitta perché “è negra”. Uno le ha anche detto (Laura non ha capito bene ma l’amichetta sveglia sì) che ha anche un motivo in più lei, nera, per stare zitta: da grande diventerà una puttana. Di questo il ragazzino ne è sicurissimo perché l’ha vaticinato il padre.
Adesso la madre di Laura è un po’ dispiaciuta. Teme di aver esagerato. Ma, insomma, non ci ha visto più. E’ corsa nella piazzetta, ha trovato quel bambino e i suoi amichetti, ha cominciato a rimproverarli a voce troppo alta. Sono arrivati alcuni dei genitori. Uno, in particolare, si è mostrato molto contrariato. Ha parlato chiaro: “Se ha deciso di prendersela – ha detto riferendosi a Laura – doveva sapere a cosa andava incontro. Quello che è successo non è strano. Cazzi suoi”.
E così finisce la storia di Laura, della sua mamma, del suo papà affidatari. Finisce con una vacanza amara, col rientro a Modena e la decisione di iscrivere la bambina in una scuola religiosa privata. Decisione che va contro tutto quello che i genitori hanno sempre pensato del mondo, dell’Italia, degli adulti e anche dei bambini.
(fonte: La Repubblica)