Ci sono tanti modi per ricordare una persona. Possiamo utilizzare le parole o il silenzio. Noi, questa volta, scegliamo la prima soluzione. Ma preferiamo che sia la stessa Anna, improvvisamente scomparsa, a raccontare di sé. Ecco il testo integrale dell’intervista rilasciata a novembre dello scorso anno.
La macchina fotografica proprio no. Nel viaggio solo per donne nella Valle del Draa occorre portare con sé curiosità e sensibilità. Ed è necessario lasciare a casa, o quantomeno in valigia tutte le volte che le famiglie locali aprono le porte delle loro case protette da rituali millenari, cellulari e digitali. Spiega Anna Baccini, responsabile dei viaggi Vie dei Canti in Marocco: “C’è uno scambio equo di reciproca curiosità e conoscenza. E se in alcuni posti è espressamente sconsigliato l’uso, è preferibile adeguarsi”.
Quello dal 4 all’11 dicembre è un viaggio a piedi speciale. “Un’esperienza pensata per le donne – illustra Anna – per conoscere tante diverse etnie, ognuna portatrice dei suoi usi, costumi e tradizioni. Facciamo conoscenza e condividiamo i rituali: i tatuaggi con l’henné, la preparazione del the, la cottura del pane nei forni a legna”.
Facciamo un piccolo passo indietro, cosa ne pensi della cosiddetta Primavera araba, il movimento di rivolta contro regimi decennali che ha caratterizzato alcuni paesi africani? Perché il Marocco è stato coinvolto solo marginalmente?
“Da queste parti non ci sono le stesse condizioni dell’Egitto e della Tunisia. La Libia, poi, è un caso a sé. Il governo attuale ha intrapreso da circa dieci anni un cammino che sta trasformando il Marocco in una sorta di paese democratico”.
Perché una sorta?
“Perché è pure sempre un paese africano, le cui condizioni non sono paragonabili a quelle europee. Il percorso è in salita, certo, ma non può essere calato dall’altro. A ogni modo, le garanzie di base di una democrazia ci sono. Altrove, al contrario, i cittadini vivevano all’interno di veri e proprio regimi autoritari e repressivi”.
Con quale occhio gli italiani stanno guardando al Marocco?
“Beh, negli ultimi tempi, alla luce di quanto accaduto nei paesi vicini, viaggiatori e vacanzieri hanno manifestato un po’ di paura”.
Giustificata?
“Di certo è fisiologica e comprensibile. Ma adesso è tutto alle spalle. Le persone hanno ripreso a viaggiare in Marocco che rimane uno dei paesi del Nord Africa più gettonati”.
E con quale occhio i marocchini vedono gli italiani scendere dall’aereo?
“Continuano a distinguersi per accoglienza e per la considerazione quasi sacra dell’ospite. I loro occhi sono speranzosi e fiduciosi. Da parte loro, i governanti stanno provando ad attrezzare sempre di più il paese affinché il livello qualitativo della ricettività sia sempre più adeguato”.
Di che tipo di turismo ha bisogno il Marocco. Di quello di massa?
“Quest’ultimo c’è già ed è quello delle città imperiali. Per il resto c’è bisogno di turisti responsabili che si avvicinano in punta di piedi in luoghi così sensibili e riservati. Non è facile perché fra mondializzazione e villaggi globali c’è una certa tendenza alla standardizzazione. Eppure questi sono posti da non consumare in fretta come prodotti qualsiasi”.
Sono diversi anni che proponi questo viaggio, qual è il bilancio delle precedenti esperienze?
“Senza dubbio positivo. I gruppi sono molto eterogenei per cui alcune volte c’è stata attenzione da parte dei viaggiatori, altre volte un po’ meno”.
Ci fai un esempio?
“L’obiettivo per chi si avvicina a questa proposta unica non può essere quello di fare un servizio fotografico soprattutto in quei posti in cui non sono previste”.
Sei in partenza per il Marocco, il legame che ti lega a questo paese continua a rimanere molto stretto…
“Sì, è intenso e appassionato. Ho addirittura comprato una casa storica in terra appartenuta a una donna fiera e colta, di cui si parla nei libri di storia, che aveva un allevamento di gazzelle”.
Gazzelle?
“Certo! Pensa che l’anno scorso ho perfino allevato un montone. Sono cose che mi danno serenità. Lo fanno anche le persone del luogo, ma io ho i miei tempi e i miei modi. Portare un montone a pascolare nelle oasi è un’esperienza onirica”.