Dopo aver incantato il festival di Cannes ed essere stato dichiarato dai critici francesi il miglior film dell’anno, Timbuktu punta ora a vincere l’Oscar 2015 come miglior film straniero. Dietro la macchina da presa c’è Abderrahmane Sissako, mauritano, 63 anni, uno dei massimi intellettuali del Continente Nero.
Non lontano da Timbuktu le persone soffrono sottomesse al regime di terrore imposto dai jihadisti determinati a controllare le loro vite. Musica, risate, sigarette e il calcio sono stati vietati. Le donne sono state obbligate a mettere il velo ma conservano la propria dignità. Ogni giorno una nuova corte improvvisata emette tragiche e assurde sentenze. Ma c’è un’ironia di fondo che tira in mezzo gli jihadisti che ondannano il tabacco, ma si appartano in mezzo alle dune per fumarsi una sigaretta, che condannano a morte i fornicatori, però non disdegnano di desiderare la donna d’altri. Gli attori sono in maggioranza non professionisti. Tutto da guardare. Timbuktu è in Italia dal 12 febbraio.