Se giocare è un’impresa: la storia di Annalisa Benedetti

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Se giocare è un’impresa: la storia di Annalisa Benedetti

Alla Vacanza Mare di Tra Terra e Cielo è arrivata Annalisa Benedetti, snella, lunghi capelli neri, occhi vivacissimi e giovanissima che, insieme a Enrico Botta ha animato le storie dei pomeriggi assolati dei bimbi che si sono riempiti di gioco, colore, maschere e diorami. Il suo entusiasmo mi ha incuriosito e ho iniziato a conoscerla meglio scoprendo di avere davanti a me una giovane imprenditrice, di quelle di cui spesso si parla ma che si incontrano difficilmente. Accetta volentieri di raccontarci la sua avventura nel mondo del lavoro.

Pensando alla tua infanzia ritrovi qualcosa che ti ha aiutato in questo tuo percorso professionale?
«Come a volte accade nella vita, gli studi di psicologia che ho fatto erano tutt’altro rispetto al mio lavoro di oggi. Eppure mi sono serviti molto perché nel mio lavoro è fondamentale trasmettere attraverso la comunicazione non verbale significati e messaggi trasformandoli in forme, immagini e colori interpretabili da tutti. Inoltre sono a contatto con persone di tutti i tipi e mi hanno aiutato stare nella relazione.  Mia mamma, professoressa di storia dell’arte, mi ha sempre stimolato lasciandomi libera, senza darmi delle tecniche precise ma gli strumenti per poter creare: das, tempere, acquerelli su fogli grandi dove potevo esprimere la mia creatività.  Non ricordo che mi abbia mai detto guardando un mio disegno “è storto questo, non è bello quest’altro”: non giudicava, accoglieva. Anche lei ha sempre creato è scultrice e pittrice.  Dopo la mia nascita ha smesso di scolpire perché ha detto che la più bella scultura sono io sua figlia».

Ricordi qualcuno tra i tuoi professori?
«Quella che mi ha ascoltato di più è stata la mia insegnante di filosofia e pedagogia. Ci spronava a non rimanere bloccati al libro per studiare ad esempio Platone. Per preparare l’interrogazione, ci invitava a spaziare con il pensiero laterale, le garbava molto il concetto di zona di sviluppo prossimale. Esplorare oltre quanto previsto e quanto prevedibile. C’erano otto tipi di interrogazione per ogni tipo di intelligenza. Ogni studente faceva l’interrogazione partendo dal suo tipo d’intelligenza: visiva, uditiva, cinestesica tanto per dirne alcune. Io ero portata per il canale visivo così partendo dai quadri e dall’arte dell’epoca arrivavo fino a Platone, altri compagni lo spiegavano con la musica o recitando un brano collegabile del teatro greco o con un taglio giornalistico.  Questa prof mi ha aperto la mente così mi sono iscritta a psicologia ma lì ho ritrovato il metodo di studio mnemonico, ci chiedevano di ripetere i concetti non c’era molto spazio per dialogo, avrei preferito frequentare i corsi post laurea, così non ho finito l’università. Nel frattempo poiché abito a Viareggio, ho avuto l’occasione di lavorare nel campo del carnevale con la cartapesta in parrocchia dove ho riscoperto il piacere di disegnare e creare che avevo perso durante le superiori. Allora provai ad andare a Carrara all’Accademia ma anche lì passavamo molto tempo a copiare  dal vero».

Allora cos’hai fatto?
«A me interessa creare con un fine e trasmettere messaggi a chi fruisce dell’opera, ad esempio inizialmente nel Carnevale. Ho imparato a fare personaggi in cartapesta negli hangar della Cittadella dove i carristi mi hanno insegnato molto e ho lavorato diversi anni con loro».

Qui però state raccontando storie e insegnando ai bambini a costruire personaggi e diorami…
«Ho unito questa abilità con la mia voglia di andare in mezzo alla gente, mi piace il contatto col pubblico e con le persone. Sono nati così i laboratori di cartapesta con i bambini. Poi ho conosciuto Enrico che aveva una compagnia amatoriale di musical senza scopo di lucro. All’inizio anch’io mi esibivo poi mi sono occupata esclusivamente del mio settore cioè la grafica, scenografie e costumi, creando al massimo delle possibilità insieme a colleghi di grande talento, è stato così che i musical inediti, che abbiamo creato io ed Enrico insieme ai nostri colleghi autori, sono cresciuti d’importanza molto velocemente tanto da essere opere professionali vere e proprie con tour di quattro anni nei calendari di tutti i teatri d’Italia».

E’ così che sei passata al settore della sartoria e costumi?
«I costumi per me sono parte integrante di un’ambientazione scenografica, per me nascono dallo stesso studio e dalla stessa fantasia, per questo ho iniziato a disegnare io stessa come stilista i costumi delle opere che creavo, mi veniva automatico e sempre più ho perfezionato le tecniche di cucito così nel 2009 ho iniziato a seguire i corsi Trimoda che è la scuola professionale di taglio e cucito nazionale. Tramite la scuola ho iniziato a partecipare al Concorso nazionale per stilisti emergenti».

Com’è andata?
«Nel 2009 è stato bandito il concorso sul lusso umile e ho realizzato due abiti con stoffa e cartapesta la motivazione era che il riciclo per eccellenza nella città di Viareggio era la carta trasformata. Ho vinto il concorso dell’anno con il titolo “L’arte e la moda nei tempi”. Avevo scelto gli egiziani: mi piaceva l’idea di immaginare come Cleopatra si sarebbe vestire oggi tenendo vivo lo stile del tempo».

Complimenti, come sei riuscita a trasformare questo tuo talento in un’impresa?
«La fortuna è stata avere  a disposizione un laboratorio artigianale dove ho iniziato a lavorare tre anni fa.  All’inizio era solo artigianale, ora è anche commerciale.  Questo mi ha facilitato perché ora riesco a fare vetrine e allestimenti, la gente a volte si ferma a guardare stupita e non capisce guardando le vetrine allestite con tanta creatività se sono sarta o scenografa e cosa stia facendo, ma sicuramente trasmetto tanta fantasia ed è bello donarla a chi passa. Realizzo una linea con tessuti naturali ma in più lavoro su commissione. Differenziare le attività e specializzarmi in settori differenti ha funzionato finora: faccio qualsiasi cosa: maschere, costumi, allestimenti, grafica, riciclo creativo, laboratori con i bimbi. Alcune persone mi portano abiti che non piacciono più e io li risistemo o li modifico dando loro nuovo appeal. Riparo vestiti, faccio orli».

Che consiglio daresti a una ragazza o ragazzo che volessero mettersi in proprio?
«Un consiglio che potrei dare a un giovane è quello di non chiudersi in categorie prefissate. Oggi la società corre molto veloce, ora siamo una cosa tra due mesi chissà… ricercare intorno a noi per scoprire ciò di cui la gente e l’ambiente hanno veramente bisogno nel rispetto del benessere e… cucirlo con un pezzetto dei nostri sogni».

Tra Terra e Cielo
Tra Terra e Cielo
Abbiamo la convinzione che il cambiamento del pianeta nasca all’interno di ognuno di noi, dall’attenzione che poniamo al cibo che scegliamo, dalla qualità delle relazioni che intratteniamo con il mondo esterno e con noi stessi/e, dal tipo di benessere che ci doniamo.

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