Per la frattura che rappresenta rispetto agli ordinari mezzi di trasporto, per lo scostamento dalla via che impone, camminare non solo è un processo di conoscenza di sé e dell’altro, uno spaesamento delle conoscenze, ma ha anche l’effetto di sfoltire i pensieri, mobilita un’effervescenza diffusa che si accentua con la stanchezza del procedere. David Le Breton
Consultando la Treccani, nelle varie accezioni del termine si legge anche: Connessione o corrispondenza che intercorre, in modo essenziale o accidentale, tra due o più enti.
E allora sì, camminare ci collega, volenti o nolenti, a innumerevoli realtà.
Il solo atto di mettere un piede davanti all’altro non è un movimento che coinvolge unicamente le nostre estremità inferiori, ma l’intero nostro corpo è chiamato a intervenire in questa azione. Provate a camminare provando a porre l’attenzione solo ai muscoli, alle ossa, alle viscere, ai liquidi che contribuiscono… è un’azione di micro/ascolto, è difficile, non è immediata, ci vuole allenamento, ma con un po’ di pazienza scoprirete che quando procediamo a due gambe il nostro corpo fa festa!
Il cammino ci mette in relazione anche con il nostro corpo interiore, che si anima, prende vita, si sveglia: i pensieri si allineano come i nostri passi, si smussano come le nostre suole, si aprono come il nostro sguardo. Si pensa più lucidamente, si medita anche se nel caso in cui non si sia mai praticata alcuna classe di meditazione.
Il cammino ci mette in relazione con il tempo, che improvvisamente ci diventa amico e compagno e non qualcosa con cui gareggiare e da combattere: si dilata, prende sapore e soprattutto profondità. Il cammino ci mette in relazione con il silenzio che troppo spesso temiamo e rifuggiamo. Un silenzio che si riempie però di respiro, del battito del cuore, del passo cadenzato, dei suoni di chi vive il “qui e ora” da sempre, quelli della natura.
E infine (anche se la lista potrebbe essere molto più lunga), camminare ci mette in una relazione sana con l’altro, che sì è altro, ma non è più straniero, non è più sconosciuto. Il cammino infatti non può prescindere dall’incontro.
La nostra grande personale rivoluzione la abbiamo fatta tutti da piccoli, quando ci siamo messi su due piedi e abbiamo intrapreso la strada dell’autonomia.
Una rivoluzione di cui pensiamo di non aver memoria, ma che in realtà il nostro corpo, interiore ed esteriore, reclama ogni santo giorno.
Sarebbe sufficiente rimettere tutto… in relazione.