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30/01/2024

Sul camminare

Leggere questo libro mi ha ricordato Esercizi di Stile di Raymond Queneau. Una storia semplice di un signore che entra in un tram affollato, raccontata 99 volte. E ogni volta scopri qualcosa di nuovo. 99 ipotetici osservatori vedono cose diverse raccontate in modi diversi.
Che è un po’ anche una metafora del camminare. Se fai 99 volte lo stesso cammino non sarà mai la stessa cosa. Puoi farlo di giorno o di notte, in estate o in inverno, da solo, con un amica/o o con un gruppo, con la pioggia o con il sole, con le scarpe o scalzo, con uno zaino leggero o pesante, . . .
E così questo libro di Annabel Street ti racconta 52 aspetti diversi del camminare, da sperimentare uno per
settimana, tutti interessanti, piacevoli, documentati, con esempi di personaggi famosi, non per il camminare, ma che avevano il camminare come pratica quotidiana come Immanuel Kant che non mancava mai la passeggiata delle 5 del pomeriggio, puntuale. Passeggiata solitaria respirando solo con le narici. Un eventuale compagno lo avrebbe indotto alla conversazione e al rischio di respirare con la bocca.
Studi recenti hanno dimostrato che “quando inspiriamo dal naso, ha luogo una serie di complicati processi destinati a filtrare patogeni, allergeni e altri elementi indesiderabili diffusi nell’aria. Nel contempo, le cavità nasali producono ossido nitrico (NO, o monossido di azoto), che aumenta il flusso sanguigno nei polmoni, accrescendo la quantità di ossigeno nel sangue.
. . .
Dal naso l’ossido nitrico si sposta direttamente nei polmoni dove, secondo i farmacologi, è in grado di bloccare le infezioni respiratorie virali che si replicano lì (come i Coronavirus), oltre ad aumentare il flusso di ossigeno e sangue nel corpo.”
Non sappiamo se sono stati fatti studi sull’incidenza del Coronavirus tra camminatori e sedentari. E’ probabile che questa pratica quotidiana abbia aiutato Kant a vivere fino al 1804, poco prima del suo ottantesimo compleanno. Età ragguardevole 200 anni fa.
Leggendo il libro puoi scoprire altri 51 “stili” del camminare come “sguazzare nel fango, passeggiare per 12 minuti, passeggiate olfattive o uditive, con un cane, lungo un fiume o in riva al mare, con la luna piena, prima dell’alba o dopo cena, saltellando o danzando, con una cartina o senza, per perdersi, . . . e forse ritrovarsi.”
Anche se sei un buon camminatore come buona parte dei nostri lettori, scoprirai un sacco di cose interessanti sulle proprietà benefiche del camminare. E’ allo stesso tempo un buon libro per convincere i sedentari ad alzarsi dal divano.
Lascio la parola all’autrice che così racconta il suo libro nell’introduzione.

Maurizio Baldini

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Quando avevo ventitré anni, e pochi soldi in tasca, imparai a guidare e mi comprai un minuscolo macinino sferragliante. Adoravo quella macchinetta e spesso la guidavo in città per il puro piacere di farlo.
Ero cresciuta senza automobile. Mio padre non ne aveva mai posseduta una e neppure sapeva guidare. Mia madre aveva preso lezioni solo a quarant’anni, facendosi fieramente bocciare per sette volte all’esame di guida. Vivevamo in luoghi remoti, isolati, dove il trasporto pubblico era nel migliore dei casi imprevedibile, nel peggiore inesistente. Se avevamo bisogno di qualcosa, andavamo a piedi, spesso per chilometri. Questo può forse spiegare perché quella piccola Fiat mi procurasse così tanta gioia.
La mia vita in auto coincise con un lavoro d’ufficio. Entrambi coincisero con bizzarri cambiamenti nel corpo (che diventò più rotondo, più morbido, più dolorante, più rigido, più ingobbito) e nella mente (che diventò ansiosa, irrequieta, insoddisfatta). Più o meno nello stesso periodo, incappai in un dato che mi lasciò a bocca aperta: in Una passeggiata nei boschi di Bill Bryson lessi che l’americano medio percorreva a piedi 2,25 chilometri a settimana.

In quell’istante capii quanto drasticamente fosse cambiata la mia vita. Non ero migliore dell’americano medio: pronta a saltare in macchina a ogni occasione, curva sulla scrivania di giorno, spaparanzata sul divano la sera. All’improvviso provai un’acuta nostalgia per l’esistenza che avevo perduto, per le semplici gioie del cammino, le infinite avventure a piedi, quell’andazzo spaccone e selvaggio. Decisi di movimentare la vita, di riossigenarla.
Mi imposi una regola: mai usare la macchina a meno che non fosse assolutamente necessario. Il più delle volte me la sarei fatta a piedi. Nei mesi che seguirono, mi accorsi che molte delle destinazioni che avevo raggiunto in auto erano vicinissime a casa. Perché ero andata in macchina al supermercato se a piedi ci volevano appena venti minuti? O dal dentista, che era una passeggiata di un quarto d’ora? Cosa ancora più ridicola, perché avevo guidato fino alla palestra in modo da poter camminare sul tapis roulant o sgambettare sulla cyclette?
Mi accorsi anche di un’altra cosa: al primo segnale di pioggia, vento, buio, caldo, fame, noia, mancanza di compagnia – per citare solo alcune delle tante scuse – l’automobile diventava irresistibile.
E così mi comprai un cane e un abbigliamento per il clima uggioso. Freddo, umido o buio non sarebbero più stati una giustificazione per non camminare. Imparai ad amare le passeggiate notturne, le camminate bagnate e le marce nel fango, i quattro passi dopo cena, le scarpinate nel vento della collina durante il weekend, le escursioni. Camminare non mi era mai sembrato così piacevole ed emozionante. 

In seguito – a causa di un debilitante mal di schiena procuratomi dalla scrivania – mi diedi una seconda regola: convertire il maggior numero possibile delle attività sedentarie in attività mobili. Il lavoro sarebbe stato in movimento, la vacanza a piedi, la spesa settimanale una marcia con lo zaino, il caffè con le amiche una chiacchierata itinerante… anche se finii per sentirmi ripetere le solite scuse che un tempo avevo usato io stessa. Le colleghe rifiutavano i miei inviti agli incontri itineranti. Era troppo caldo/freddo/ventoso/presto/tardi. Gli amici (alcuni) e i familiari (soprattutto) non si mostravano più entusiasti. Era sempre troppo lontano/ripido/fangoso/pesante/noioso… soprattutto noioso.
Una domanda cominciò a divorarmi. E se tutte quelle scuse fossero state, al contrario, buoni motivi per camminare? In quel periodo stavo facendo ricerche regolari e scrivevo spesso sul tema del camminare e della salute. Nella mia casella di posta fioccavano studi sull’incredibile potere del movimento e della natura – luce del sole, terra, neve, silenzio, profumo confermando parte dei miei recenti sospetti. Cominciai con una serie di esercizi a tema:
camminare in quota, nei boschi, scalza, all’indietro, al chiaro di luna, seguendo fiumi, rotte di pellegrinaggio, frattali o semplicemente il naso. Provai a ballare e cantare mentre camminavo, a raccogliere spazzatura, fare foraging, camminata consapevole, power walking, passeggiata silenziosa… Camminare era diventato, di nuovo, la grande avventura della mia vita, ma questa volta la scienza era in grado di spiegarmi come e perché.

Da Sul camminare. 52 modi per perdersi e ritrovarsi
Di Annabel Streets
add editore
Traduzione di Teresa Albanese
18 euro

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