Andiamo, chi non ha mai fatto pipì all’aria aperta? Da grandi o da piccoli, dietro a un cespuglio o in un bosco, sul letto di un fiume prosciugato o sulla spiaggia d’inverno nell’indifferenza del mare, da soli o in compagnia: a tutti noi sarà capitato almeno una volta, per necessità o per piacere. Già, perché c’è qualcosa di bello e naturale nel farla all’aria aperta. Poi apprendiamo che un bravo insegnante di filosofia (non lo diciamo noi, ma i suoi studenti) fa la pipì su un cespuglio e lo sbattono fuori dalla scuola. Licenziato.
Il motivo? Atto contrario alla pubblica decenza, multa di 200 euro e fedina penale sporcata. Peccato solo che sia successo alle due di notte di 11 anni fa nel paesello di Averara, 182 abitanti in Val Brembana, nella bergamasca. Non proprio accanto al Duomo di Milano. Lo Stato, che a volte grazia bancarottieri, ladri e spacciatori, si è pronunciato come Minosse, giudice infernale. Sembra una storia estratta dai racconti di Gogol Il cappotto e Il naso, amare e divertenti satire della burocrazia e dei suoi apparati, popolati da personaggi così dentro i loro ruoli da condurre esistenze inautentiche e staccate dalla realtà.
A Stefano Rho, questo il nome del prof, a sua moglie e ai suoi tre figli rivolgiamo un invito: venite a marzo alla Festa del Camminare a Corfino, sui monti e sui prati dell’Appennino toscano. Qui la pipì all’aria aperta si può fare liberamente. I faggi e i castagni ringraziano.