Profughi e zingari di merda, italiani brava gente

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Profughi e zingari di merda, italiani brava gente

A Carnevale ogni scherzo vale? Fino a un certo punto se il cattivo gusto supera il limite. E in questa vicenda, il confine l’ha segnato la gente comune. Il fatto: un’azienda inglese ha messo in vendita su Amazon il travestimento del piccolo profugo. L’abbiamo visto di persona, quasi casualmente, collegandoci nei giorni scorsi. Un costume che dà l’idea di quanto i bambini siano vittime, anche quando non muoiono sulla spiaggia come il piccolo Aylan. Questi vestiti ripropongono l’immagine stereotipata del profugo che viene dal passato, degli sfollati al tempo della seconda guerra mondiale o dei migranti che andavano a cercare l’America. Quindi, abiti più grandi di diverse taglie e valigie di cartone.

Sulla versione italiana di Amazon, la vendita a 24 euro dei vestiti da profugo è durata poco. Gli utenti hanno avuto un sussulto di sensibilità e in pochi minuti hanno prodotto una tonnellata di commenti con cui rispedivano al mittente la proposta di acquisto.

Scrive Leonora: “Questa è una cosa vergognosa, ciò che pubblicate, voi non sapete manco cosa passano o cosa vuol dire essere profugo e scappare da una guerra“. Rilancia Federico: “Costume da profugo? Ma come si fa a vendere un articolo del genere con il tag profugo? Andate a farvi un giro tra i veri profughi così vi rendete conto della vostra stupidità“. E aggiunge Valentina: “Vi rendete conto veramente di cosa state vendendo?! Cosa si insegna ai bambini di oggi che poi saranno gli adulti di domani!“.

Inevitabile, anche per la pessima pubblicità, la rimozione dell’articolo. Il punto è però un altro: la banalità del male. Non c’è più nulla di riprovevole nel gridare al mattino al semaforo “muto, zingaro di merda!” a un automobilista che ha strombazzato con il clacson appena è scattato il verde. Così come dare dell’ebreo schifoso a un vecchio che ci ha soffiato il parcheggio. Dare del negro a Balotelli o definire quattro lesbiche le calciatrici italiane – come spiega bene Matteo Saudino, docente di storia e filosofia – non è discriminazione, rientra nei modi di dire un po’ scollacciati di noi italiani sempre e comunque brava gente.

Il nostro linguaggio nasconde la normalità della discriminazione e la banalità della violenza razziale. Si dice, si fa, è così, non esageriamo, si è sempre detto, si è sempre fatto, sono solo parole. Come se a progredire dovesse essere solo la tecnologia e non il nostro grado di civiltà e di convivenza. Da Tavecchio a Sarri, da De Rossi a Sacchi, dal bar al tram, dalla scuola allo stadio, dagli uffici al mercato, con una soluzione di continuità disarmante, siamo sempre pronti a banalizzare e a legittimare gli istinti più violenti e le frasi più feroci. Sui social network si moltiplicano gli inviti giocosi a bruciare gli zingare e si brinda ai barconi che affondano. Così con leggerezza e banalità. Con gratuita cattiveria, offendiamo e insultiamo usando quotidianamente parole che rimandano a popoli e minoranze che hanno subito, per secoli, violenze, persecuzioni, stermini e discriminazioni quasi sempre ad opera della nostra razionale, bianca, cristiana, civiltà occidentale.


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