Mare, segreti e sospiri al faro di Punta Palascia

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Mare, segreti e sospiri al faro di Punta Palascia

Fonte d’ispirazione per scrittori, pittori e fotografi. Alla sua ombra migliaia di camminatori hanno trovato l’amore. Quello per la vita, per la bellezza, per la speranza di un nuovo inizio. Il faro di Punta Palascia non è una semplice torre in pietra che si leva col suo unico occhio, veglia nella notte e agita l’intimità della memoria. È il punto più orientale d’Italia, dove ogni giorno sorge la prima alba. Siamo nel Salento, in provincia di Lecce, nel territorio di Otranto e qui, ogni anno tra il 31 dicembre e il primo gennaio, un gruppo di camminatori si sveglia nel cuore della notte per ricevere la sua ricompensa: un orizzonte speciale con il sole che spunta dall’altra parte del Canale, sopra le terre a Oriente.

Questa è l’alba dei popoli in terra d’Otranto. Siamo vicini ai Balcani e due sponde diverse dello stesso mare si destano insieme. Già, non appena ci si avvicina al faro, viene persa qualsiasi connessione telefonica con le compagnie italiane e tutta la rete nella zona fa riferimento a quella della Grecia. Con lo sguardo perduto all’orizzonte si intravedono perfino le montagne dell’Albania. Un proverbio locale recita “quando se vidine le muntagne dell’Albania lu scirocco sta alla via“.

Palascia è vento, mare, profumi, paura, sospiri, lavoro. Il faro, imperturbabile testimone degli eventi della storia, è uno dei cinque del Mediterraneo tutelati dalla Europa, uno dei 161 in Italia. Come racconta Paolo Rumiz, viandante senza pace, uno che di fari se ne intende, questi sono posti in cui si impara a decrittare l’arrivo di una tempesta, ad ascoltare il vento, a convivere con gli uccelli, a discorrere di abissi, a riconoscere le mappe smemoranti del nuovo turismo da crociera e i segni che allarmano dei nuovi migranti, a trovare la fraternità silenziosa di un pasto frugale.

E così, un piccolo gruppo di fortunati camminatori cerca ogni anno di acciuffare quel primo raggio di sole che riscalda l’anima e porta bene. Totò Inguscio, salentino, ne è la guida: «Camminare di notte è emozionante ed è un’esperienza che auguro e consiglio a tutti. È un modo divertente e salutare per accogliere il nuovo anno nell’armonia della notte, senza il frastuono che tanto spaventa gli animali, domestici e selvatici. Ed è anche un invito a uscire dai soliti schemi». Insomma, «niente baraonde, schiamazzi e feste piene solo di rumore, ma una serata silenziosa, da passare immersi nella natura, lontani dal caos e dalle luci cittadine. La zona scelta per il viaggio di Capodanno è tra le meno antropizzate del Salento, ci si muove tra vecchie carraie, strade romane, antichi tratturi, scogliere a picco sul mare per arrivare a Punta Palascia».

Naturalmente il viaggio non è solo Punta Palascia (con l’accento sulla i), ma anche la Valle dell’Idro con i suoi segreti millenari e la Valle dei Cervi con le sue pitture preistoriche per un viaggio a piedi nel tempo. Un assaggio del cammino è l’inizio del film Mine vaganti di Ferzan Özpetek: cinque minuti di meritata celebrità per questo fazzoletto di terra.


Lo scrittore alessandrino Rocco Cotroneo racconta come i pescatori del tratto di mare tra la Torre del Serpe e la Palascia riescano a scorgere un brillio sulla superficie dell’acqua quando, in certe giornate, le nuvole in cielo sono gonfie di pioggia e il sole le illumina come fossero vele. Sono i riflessi dorati di qualcosa di simile a una tromba.


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RIFERIMENTI:

L’Alba dei Popoli in Terra d’Otranto


Tra Terra e Cielo
Tra Terra e Cielo
Abbiamo la convinzione che il cambiamento del pianeta nasca all’interno di ognuno di noi, dall’attenzione che poniamo al cibo che scegliamo, dalla qualità delle relazioni che intratteniamo con il mondo esterno e con noi stessi/e, dal tipo di benessere che ci doniamo.

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