«Noi vegani abbiamo 20 marce in più» | Michela De Petris

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«Noi vegani abbiamo 20 marce in più» | Michela De Petris

La notorietà del grande pubblico le è piombata addosso in seguito al servizio delle Iene sul rapporto tra cibi e tumori. In realtà, Michela De Petris, medico nutrizionista dell’Ospedale San Raffaele di Milano, è un nome e un volto ben noto nell’ambiente vegano. I suoi libri continuano a riempire gli scaffali dei negozi e di richieste di partecipazione a incontri pubblici è piena la sua agenda. Il motivo? Ha le idee chiare.

Esiste una contrapposizione tra onnivori e vegani? Probabilmente sì: «Noi vegani abbiamo 20 marce in più perché conosciamo tanti cibi nuovi e alternativi. Gli onnivori non hanno idea di cosa si perdono. Il tempeh come lo cucinano? Quante volte alla settimana mangiano il miglio? Il miso lo preferiscono nella zuppa o spalmato sulle fette biscottate? Cucinano la quinoa e l’amaranto in brodo o al forno? Un onnivoro, poverino, cucina raramente questi alimenti e magari neanche li conosce».

Cosa ne pensano i colleghi medici? «Fanno un po’ più fatica a cambiare. In materia sono un po’ più ignoranti. Sarebbe bello che ogni paziente regalasse al proprio medico di base un libro vegano per spiegare come cambiare il mondo». E poi, ne è sicura, «questa è l’alimentazione del futuro e noi siamo più fortunati perché ci siamo arrivati già adesso».

Come spiegato e ripetuto nel corso dell’ultima edizione del VeganFest di Bologna, il cibo ha un valore terapeutico, sia preventivo e sia di cura, nei confronti delle malattie cronico-degenerative, anche dei tumori. Alla luce della sua esperienza pluriennale tra ambulatori e pazienti, è certa: «Non c’è alcun caso che non si giovi di un’alimentazione a base vegetale». Perfino per «colesterolo, endometriosi, alopecia, gotta, osteoporosi, tumori». Naturalmente «non basta dirsi vegano» ovvero mettere al bando cibi di derivazione animale, altrimenti, come metterla con «patatine fritte, cocacola, zucchero bianco, farine raffinate, pane bianco», tutti alimenti vegani al 100%? «Serve mangiare sano».

Se la prima chiave della salute sono i cibi che scegliamo per il nostro corpo, la seconda è il movimento. «Nuoto, per esempio, ma anche andare in bici o sui pattini, camminare, ballare» perché «l’uomo è fatto per muoversi». E poi c’è un terzo cardine: «Il riposo». Nessuna paura di «dormire 8, 9, 10 ore durante la notte». Anche se l’alimentazione è corretta e sana, «il mancato riposo è causa di acidificazione». Ma qual è il miglior modo di cucinare i cibi? «In maniera rapida e veloce perché le cotture eccessive uccidono gli alimenti. Preferire cibi integrali e non raffinati, zero zuccheri e pochissimo sale».

Sempre più spesso si fa accompagnare nelle sue uscite da Diamond, il suo cane vegano, «il mio orgoglio». Arriva da un canile lager di Palermo e sarebbe dovuto diventare un cane da combattimento. Ma il cambiamento più profondo per Diamond non è stato il passaggio dalla strada a una casa vera, ma da un’alimentazione a base di crocchette da canile a una vegana. E a quanto racconta Michela De Petris, che è anche membro del Comitato scientifico di Associazione vegani italiani onlus, il cagnone non ha rimpianti: «Mangia esattamente ciò che mangiamo noi per cui è un cane stravegano». Già, ma cosa mangia? «Pasta e fagioli, orecchiette con le cime di rapa, la polenta con il purè di fave, il cous cous con le lenticchie. Gradisce spolverate di lievito alimentare in scaglie, l’olio di lino e assume la vitamina B12».

A proposito, la vitamina B12 – inizia a spiegare con cura – «è fondamentale per il corretto funzionamento del nostro organismo e una sua carenza può provocare danni per la salute, come stanchezza, affaticamento, disturbi di memoria e di concentrazione e via via più gravi». Si trova «solo nei cibi di origine animale» ed è assente in quelli vegetali. Il consiglio è di «fare un esame del sangue, verificare un’eventuale carenza e, se necessario, assumere un integratore». Con un altro consiglio: «Meglio se vegano».


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