Il grande viaggio tra gli alberi di Tiziano Fratus

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Il grande viaggio tra gli alberi di Tiziano Fratus

Proviamo a fare un gioco. Affacciamoci alla finestra, guardiamo fuori e cerchiamo di dare un nome agli alberi. Siamo in grado di riconoscerli? Siamo capaci di andare al di là dell’evidenza delle foglie verdi e del tronco marrone di queste silenziose presenze? Già, perché tutti amano gli alberi, ma pochi sanno distinguerli l’uno dall’altro. E pochissimi sanno dire come si chiamano. Non è una lezione di nozionismo, ma una presa di confidenza con gli unici esseri viventi che ci accompagnano per tutta la vita. Tiziano Fratus, bergamasco di 38 anni che vive in Piemonte, è un poeta e uno scrittore, ma anche un camminatore e un cercatore di piante secolari. La definizione preferita è però quella di uomo-radice perché la sua vita è una continua ricerca di una conoscenza sempre più profonda che arriva solo imparando ad ascoltare il richiamo ancestrale della natura.

Ma attenzione, «io con gli alberi non ci parlo – si sente in dovere di precisare – anche se i poeti me lo chiedono spesso». Li va semplicemente a cercare e a presentarli al mondo attraverso i tanti libri pubblicati. In poche parole la sua è una condivisione di emozioni, oltre che di conoscenze: «Il mio amore per gli alberi – ricorda – nasce come risposta a una mancanza: sono cresciuto con legami labili con la mia famiglia e senza un rapporto concreto con la terra, ma da quando ho scoperto questa connessione con i grandi alberi mi sento a casa ovunque».

La sua non è una semplice attività teorica. Fratus organizza camminate: «Le passeggiate sono innanzitutto un’esperienza di conoscenza dei luoghi che abitiamo distrattamente: parchi pubblici, giardini, boschi, tutti luoghi che fanno parte del paesaggio che l’uomo abita e vive, ma spesso come valvole di sfogo, come aree per allontanarsi dal peso, dai problemi, da tutto ciò che ci vincola alla vita sociale e quotidiana». E se gli chiedono cosa ci insegnano gli alberi monumentali, Fratus abbandona la poesia e diventa pragmatico: «Che siamo di passaggio. Che la natura è più forte di noi. Che stiamo correndo verso l’autodistruzione».

Ma l’uomo-radice è un vero viaggiatore a piedi? «Mi piace attraversare i paesaggi alla ricerca di alberi ma l’impegno supera il paio d’ore soltanto quando procedo nei boschi alpini, allora capita anche di camminare per ore e ore, dovendo raggiungere vallate e grandi alberi che si trovino a 1.500, 1.800, 2.100 metri. Non a caso sono fra gli alberi a cui sono più legato, perché richiedono di spogliarsi dei pensieri, di alleggerirsi, di pianificare gli sforzi del proprio corpo, per arrivare a questi giganti e poterseli godere, poterli ascoltare e ammirare dove la luce si fa più profonda».

Tiziano Fratus conosce Riccardo Carnovalini, uno dei più noti camminatori italiani di professione: «Sì, è un grande amico. Fra di noi è subito nata una grande stima e un grande affetto reciproco. Viviamo in due vallate confinanti e fra le nostre case c’è un’ora e dieci di macchina».

Proviamo a fare qualche esempio. Dove si trovano gli alberi più emozionanti? In prima battuta – precisa Fratus – «non bisogna dimenticare che in Italia esiste il maggior numero di alberi monumentali, ancora più numerosi rispetto a Francia, Germania e Inghilterra». Dopodiché da nord a sud, gli impedibili sono il larice di Pietraporzio, nel Cuneese, cresciuto abbarbicandosi su una pietra e si raggiunge alla fine di una passeggiata di due ore. In Lombardia, nella Val Brembana, in cima al Menna, ci sono una ventina di faggi cresciuti tutti insieme per secoli. I larici più vecchi d’Italia si trovano in Veneto, nella Val D’Ultimo. E poi, come resistere al richiamo della quercia di Viterbo con la casa di otto metri quadri tra i rami? Chi, mirandola, non sogna di abitarci almeno per una notte?

Per saperne di più, consigliamo di visitare il sito HomoRadix, da cui arrivano le foto pubblicate in questo articolo.

Tra Terra e Cielo
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