La salute è solo mancanza di malattia?

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La salute è solo mancanza di malattia?

Secondo alcuni vocabolari medici la salute s’identifica, oggi, con uno stato di benessere psico-fisico e sociale in cui si trova un individuo. Ed è vero, come altrettanto vero è il concetto che c’è appartenuto fino a ieri (e forse ancora in parte ci appartiene) di salute come mancanza di malattia. Com’è stato possibile che il potere della malattia sull’uomo abbia contagiato e prevaricato ogni sua manifestazione espressiva? Sicuramente, ma non solo, con una mal gestione generalizzata nel sociale della salute, concepita molto settorialmente e financo presuntuosa, che ha portato la persona a dipendere esclusivamente da un pensiero/frangia di suoi pari.

Questo ha portato altresì, insieme con uno sviluppo caotico ed errato della società, ad allontanarsi da tutto ciò che è naturale, come pure a un distaccarsi dalle emozioni e dal poterle vivere in modo consapevole, in modo semplice e vero. Dunque abbiamo perso il contatto tra il “fuori” e il “dentro” di noi, abbiamo normalizzato un disagio soggettivo nel sociale, abbiamo dimenticato il gran privilegio che abbiamo del potere su noi stessi, per rivolgerlo, in modo nefasto e deviato, sugli altri. Da qui la paura della malattia/morte e il delegare sempre più ad altri, in questo caso a una struttura codificata socialmente che si fa garante di “guarirci”, la responsabilità che invece ci appartiene.

E noi vogliamo, come disse tempo fa un medico riguardo ai pazienti, essere ubbidienti ed essere condotti per mano fino alla guarigione. In altre parole non vogliamo/non possiamo prenderci cura di noi stessi e deleghiamo, sembra assurdo, facilmente ad altri la cosa, sperando di essere soccorsi; ma la gestione della salute sì fatta non può dare i suoi frutti, non può aiutare veramente chi soffre, può solamente “aggiustare” quando ci riesce, una parte del tutto che è andato in panne.


In questo contesto nasce l’esigenza della persona di chiedere di più, di essere ascoltata, e questo è esattamente ciò che sembrano dare, a volte, le medicine cosiddette complementari o bionaturali. Vero è che molti di questi imbonitori di discipline alternative, sotto l’egida di una cultura olistica illude con “terre promesse”, e che tanti di questi faciloni prospettano un maggiore benessere rispetto ad altri metodi. Ma non è così, il punto sta nel contesto filosofico-teorico-pratico di dette metodiche antiche orientali che si rivolgono all’essere come interazione espressiva energetica e manifesta di potenze superiori, e depositario (l’essere umano), di una sacralità che a noi oggi, uomini dissacratori, pare fuori tempo, a noi che tutto cerchiamo di incasellare e protocollare (leggasi controllare).


La meta del “benessere” non è illusoria se è vero che rispettando la Vita e con particolari pratiche si può assurgere a una guarigione del profondo che oltrepassa i limiti impostici dalla materia e dal tempo. Il rispetto della Vita, certamente non è facile né alla portata di tutti (per stato sociale, per cultura ecc.), se è vero che presume un lavoro, enorme e una catarsi continua anche delle emozioni, un lavoro d’autoconsapevolezza, che porti l’inconscio verso livelli superiori e conoscitivi, integrando il corpo e la mente in un gioco sempre nuovo.


Alexander Lowen affermava che se non si lavorava con il corpo, i cambiamenti restavano superficiali, e dunque ciò che interessa per un’evoluzione “non è solo ciò che dice il paziente, ma ciò che avviene a livello del corpo”. Dunque la salute e ancor meglio il ben-essere è uno stato evolutivo che nasce dal “dentro, dalla parte più intima di noi stessi e si proietta nel “fuori”, esprimendosi in tutte le componenti dell’uomo corpo-mente spirito, per poter tornare all’uomo quale essere individuo/indiviso.

Bruno Franconi
Insegnante di Yoga e di Shiatsu
Co-Operatore della Vacanza Mare 2015 di Tra Terra e Cielo

Secondo alcuni vocabolari medici la salute s’identifica, oggi, con uno stato di benessere psico-fisico e sociale in cui si trova un individuo. Ed è vero, come altrettanto vero è il concetto che c’è appartenuto fino a ieri (e forse ancora in parte ci appartiene) di salute come mancanza di malattia.

Com’è stato possibile che il potere della malattia sull’uomo abbia contagiato e prevaricato ogni sua manifestazione espressiva? Sicuramente, ma non solo, con una malgestione generalizzata nel sociale della salute, concepita molto settorialmente e financo presuntuosa, che ha portato la persona a dipendere esclusivamente da un pensiero/frangia di suoi pari.

Questo ha portato altresì, insieme con uno sviluppo caotico ed errato della società, ad allontanarsi da tutto ciò che è naturale, come pure a un distaccarsi dalle emozioni e dal poterle vivere in modo consapevole, in modo semplice e vero.

Dunque abbiamo perso il contatto tra il “fuori” e il “dentro” di noi, abbiamo normalizzato un disagio soggettivo nel sociale, abbiamo dimenticato il gran privilegio che abbiamo del potere su noi stessi, per rivolgerlo, in modo nefasto e deviato, sugli altri. Da qui la paura della malattia/morte e il delegare sempre più ad altri, in questo caso a una struttura codificata socialmente che si fa garante di “guarirci”, la responsabilità che invece ci appartiene.

E noi vogliamo, come disse tempo fa un medico riguardo ai pazienti, essere ubbidienti ed essere condotti per mano fino alla guarigione. In altre parole non vogliamo/non possiamo prenderci cura di noi stessi e deleghiamo, sembra assurdo, facilmente ad altri la cosa, sperando di essere soccorsi; ma la gestione della salute sì fatta non può dare i suoi frutti, non può aiutare veramente chi soffre, può solamente “aggiustare” quando ci riesce, una parte del tutto che è andato in panne.

In questo contesto nasce l’esigenza della persona di chiedere di più, di essere ascoltata, e questo è esattamente ciò che sembrano dare, a volte, le medicine così dette complementari o bionaturali.

Vero è che molti di questi imbonitori di discipline alternative, sotto l’egida di una cultura olistica illude con “terre promesse”, e che tanti di questi faciloni prospettano un maggiore benessere rispetto ad altri metodi.

Ma non è così, il punto sta nel contesto filosofico-teorico-pratico di dette metodiche antiche orientali che si rivolgono all’essere come interazione espressiva energetica e manifesta di potenze superiori, e depositario (l’essere umano), di una sacralità che a noi oggi, uomini dissacratori, pare fuori tempo, a noi che tutto cerchiamo di incasellare e protocollare (leggasi controllare).

La meta del “benessere” non è illusoria se è vero che rispettando la Vita e con particolari pratiche si può assurgere a una guarigione del profondo che oltrepassa i limiti impostici dalla materia e dal tempo. Il rispetto della Vita, certamente non è facile né alla portata di tutti (per stato sociale, per cultura ecc.), se è vero che presume un lavoro, enorme e una catarsi continua anche delle emozioni, un lavoro d’autoconsapevolezza, che porti l’inconscio verso livelli superiori e conoscitivi, integrando il corpo e la mente in un gioco sempre nuovo.

A. Lowen affermava che se non si lavorava con il corpo, i cambiamenti restavano superficiali, e dunque ciò che interessa per un’evoluzione “… non è solo ciò che dice il paziente, ma ciò che avviene a livello del corpo”.

Dunque la salute e ancor meglio il ben-essere è uno stato evolutivo che nasce dal “dentro, dalla parte più intima di noi stessi e si proietta nel “fuori”, esprimendosi in tutte le componenti dell’uomo corpo-mente spirito, per poter tornare all’uomo quale essere individuo/indiviso.

Tra Terra e Cielo
Tra Terra e Cielo
Abbiamo la convinzione che il cambiamento del pianeta nasca all’interno di ognuno di noi, dall’attenzione che poniamo al cibo che scegliamo, dalla qualità delle relazioni che intratteniamo con il mondo esterno e con noi stessi/e, dal tipo di benessere che ci doniamo.

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