Digiunare non significa morire di fame

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Digiunare non significa morire di fame

Ammetto di aver esagerato. Anche quest’estate non ho resistito alla tentazione di concedermi il lusso di qualche gelato di troppo. Strisciare la mia lingua su quel concentrato di zuccheri e sapori quando la colonnina di mercurio supera la soglia della sopportabilità, è uno dei piaceri a cui non riesco a rinunciare. Mi fa sentire una ventina di anni in meno. A settembre, però, si fanno i conti. Non si tratta, badate bene, di una questione di linea. Quanto di gonfiore e pesantezza, di sentirsi ingolfati e bisognosi di una ripulita.


Il metodo più efficace per disintossicarmi? Il digiuno. Alcune volte è anzi indispensabile perché l’organismo ha bisogno di periodi di riposo. Digiunare, chiariamolo subito, non significa morire di fame, ma solo utilizzare tecniche che i saggi conoscono da secoli e le impiegano per guarire da malattie e rinforzare il corpo.


La cautela è sempre d’obbligo e, come dicevano gli antichi, cum grano salis. Non serve e non giova al morale mettersi a completo digiuno chiudendo la bocca a tempo indeterminato. Il digiuno ha valenza terapeutica e si può ripetere seguendo alcuni accorgimenti.


Il primo passo è anticipare la cena prima delle 17 oppure saltare il pasto serale. Al mattino siamo più lucidi e leggeri: una sensazione impagabile. Un digiuno di 3 giorni aiuta l’organismo a eliminare le tossine, uno di 5 giorni dà il via al processo di guarigione, uno di 10 giorni ha un’azione di prevenzione delle malattie. I diabetici non dovrebbero mai digiunare così come chi ha problemi di ipoglicemia, le persone debilitate e quelle sotto stress. In ogni caso è sempre utile e consigliata una visita di controllo dell’organismo prima di iniziare la pratica.


Come affrontare il digiuno? Quali sono le condizioni per un buon lavoro di drenaggio e pulizia? Prima di iniziarlo e dopo averlo terminato, mangiare per 2 giorni solo alimenti crudi, come verdura e frutta biologica di stagione. Si tratta di un passaggio molto importante per evitare di compromettere gli effetti benefici della pratica. Evitare dunque le abbuffate post digiuno, soprattutto di alimenti cucinati e complessi.


Se si sente il bisogno di mangiare, due mele, preferibilmente con tutta la buccia e magari biologiche, rappresentano una buona soluzione. D’altronde è molto importante la presenza di fibre nel digiuno, in parte assunte con la buccia della frutta e le verdure e in parte integrabili con semi di psillio o di glucomanno. In questo secondo caso, è importante bere molta acqua per permettere alle fibre di gonfiarsi e svolgere così il loro lavoro di spazzino. Il consiglio è di evitare la crusca di grano: può irritare le pareti del colon.


È sempre utile bere centrifughe di frutta o verdura fatte al momento. Alcune idee? Mele e carote, carote e sedano, carote e barbabietole rosse. I più coraggiosi possono aggiungere aglio e cipolla, eccezionali per la pulizia. A tale proposito le capsule di aglio aiutano il processo di guarigione: se ne dovrebbero assumere 2 al giorno.


Per ripristinare il sistema immunitario si può assumere l’echinacea, meglio se in polvere, e il pau d’arco miscelati con succo di mirtillo (biologico) nero. Via libera agli infusi di rosa canina, tarassaco e alfa-alfa. Una valida alternativa è l’assunzione di vitamina C con bioflavonoidi assieme alla vitamina A ed E, per contrastare i radicali liberi del nostro organismo, una delle prime cause delle patologie degenerative.


I primi 2 giorni sono i più difficili: la fame si fa sentire con prepotenza soprattutto a livello mentale. Ecco perché è importante tenersi occupati, camminare, fare esercizi fisici leggeri. C’è poi da mettere in conto una “crisi di guarigione che si può manifestare in cefalea, stipsi o diarrea, dolori sparsi per il corpo, brufoli. Sono solo tossine stagnanti che finalmente vengono portate in superficie. Ma nel giro di 2-3 giorni diventano un ricordo.


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