Da macrobiotico a vegano: la mia rivoluzione dolce

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Da macrobiotico a vegano: la mia rivoluzione dolce

«Ho smesso di ricevere, adesso voglio dare». Inizia da qui la storia di Mario Castoldi. Per tanti anni la sua vita è stata un prendere. Era un venditore di articoli per la casa, materassi, reti e coperte. «Solo numeri e poco cuore». Poi è diventato un profondo conoscitore della cucina naturale sotto l’insegnamento di Martin Halsey, fondatore della scuola e del ristorante Sana Gola. Dalla dieta macrobiotica è quindi passato a quella vegana: «Una scelta di vita, ma consiglio a tutti il rispetto dello yin e dello yang». Adesso è un cuoco e un divulgatore dei segreti della cucina naturale. Mario, origini di Monza, ha capito che il cambiamento è l’essenza della vita stessa e che «le conoscenze vanno condivise».

Come hai scoperto la cucina macrobiotica?
«È stato per caso. Mangiavo tanto e di tutto ma non stavo un granché bene. Dopo ogni pasto avvertivo una continua sonnolenza e mi sentivo quasi sempre appesantito e spossato. Poi, grazie ai consigli di un amico di Vicenza e al naturopata Roberto Marrocchesi ho buttato via tutto, svuotato il frigo, e bandito gli eccessi. Da lì è iniziato il percorso macrobiotico. Sono stati decisivi gli incontri con le persone e la volontà di cambiare».

Com’è cambiata la tua tavola?
«Ho ridotto al minimo il cibo animale, evitato gli zuccheri raffinati, seguito la stagionalità di frutta e verdura, introdotto i cereali integrali in chicco e i legumi, imparato a utilizzare i condimenti speciali, alternato i vari tipi di cereali, di legumi e di verdure, scelto e cucinato il cibo attraverso la bussola dello yin e dello yang».

Quali sono i benefici che hai ricavato?
«Già dopo pochi giorni dall’inizio della dieta macrobiotica ho notato una maggiore vitalità ed energia. La stanchezza era diminuita mentre era accresciuto lo stato di lucidità, sia mentale sia fisica, accompagnato da un distacco che mi permetteva di affrontare la giornata con maggior efficienza e armonia. Non solo, ho cominciato a sentire il vero sapore dei cibi attraverso una lenta masticazione e in due mesi ho perso 16 chili».

Li hai più ripresi?
«No, nonostante abbia smesso di seguire una dieta macrobiotica e sia passato a quella vegana. Da 20 anni non ho più ripreso un grammo».

Perché la scelta vegana?
«Gli incontri con le persone sono stati ancora una volta decisivi. Ho conosciuto Martin Halsey, fondatore della scuola e del ristorante Sana Gola, biologo americano ed esperto di terapia alimentare, nutrizione, alimentazione naturale, macrobiotica e medicina tradizionale cinese. E con lui ho iniziato un percorso meno ristretto e più vegano anche tra i fornelli. Il suo metodo è semplice e accessibile a tutti. Non ha troppi schemi o regole rigide. Rende l’alimentazione naturale equilibrata e piacevole da scoprire e praticare. Per spiegare cosa cambia nell’approccio alla cucina dal passaggio dalla macrobiotica al veganesimo, credo che siano emblematiche le diverse denominazioni: meno ying e yang e più contrazione ed espansione».

C’è anche una motivazione etica in queste scelte alimentari?
«Sì perché impari a vedere le cose anche nel suo opposto. Si tratta comunque di scelte che vanno al di là dell’alimentazione. La macrobiotica è una filosofia di vita. Anche le persone sane, per una ricostituzione e purificazione generale dell’organismo, dovrebbero ricorrervi almeno una volta all’anno».

Perché hai scelto di diventare un cuoco?
«Perché la cucina è un dare. Per buona parte della mia ho fatto il venditore in cui era solo un prendere. Da qualche anno faccio anche il cuoco a domicilio, soprattutto nei fine settimana in cui mi diverto e faccio mangiare bene gli altri. Nel mondo dell’alimentazione naturale non è molto facile trovare spazio come cuoco».

Qual è la principale difficoltà?
«Chi avvia un’attività di cucina naturale lo fa quasi sempre a conduzione familiare e difficilmente ha bisogno di cuochi esterni».

Hai mai pensato di metterti in proprio?
«Sì, l’ho fatto alcuni anni fa a Carrara con un take away di succhi, zuppe di cereali, centrifughe di verdure. Magari ci ritento».

Che ricordo hai dell’esperienza da cuoco della scorsa estate al Rifugio Isera nel Parco dell’Appennino toscano?
«Un ricordo incredibile perché sono stato a contatto con le persone e gli apprezzamenti ricevuti sono stati diretti e non filtrati. Per uno come me, che come gli attori ha bisogno degli applausi per lavorare sempre meglio, è stato un motivo di orgoglio».

Cosa devono aspettarsi i partecipanti alle tue iniziative?
«Un percorso dolce per avvicinarsi alla cucina vegana e macrobiotica e iniziare un cambiamento senza stress. Non basta eliminare gli alimenti, come i dolci iperzuccherati, ma occorre sostituirli con altri più sani. Gli insegnamenti di questa tre giorni saranno delicati e duraturi nel tempo».

Perché fare il seitan a casa?
«Perché è dieci volte più buono come sapore e consistenza rispetto a quello industriale. Ci sono tanti piccoli segreti nella cottura e nella preparazione che sono pronto a svelare».

E il tofu?
«In questo caso è più un lavoro di attesa che di preparazione. Ci sono modi diversi per farlo in casa, da quello cinese che lo rende più morbido a quello giapponese più compatto. Ma soprattutto fare le cose con le proprie mani ha un altro valore».

 

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